Speciale Gadget da Oscar: da Shirley Temple a Star Wars

Conosciamo ormai da un mese le nomination ufficiali. Abbiamo scherzato sulla sorte di Di Caprio, discusso sull’ultimo film di Tarantino o su quanto si meritasse la candidatura “più quello rispetto a quell’altro”. Come ogni anno, con l’avvicinarsi della premiazione degli Oscar, il dibattito sulle ultime uscite si infervora e, tra sostenitori e detrattori del premio americano, più o meno chiunque non puo fare a meno di commentare l’evento.

In attesa di scoprire il 28 Febbraio i nomi dei vincitori, approfittiamo di questo particolare clima per ripercorrere la storia di un legame interessante, quello tra industria cinematografica e mondo dei gadget.
Il merchandising cinematografico si differenzia nel vasto universo degli articoli promozionali: ciò che ci raccontano questo tipo di oggetti sono ricordi, emozioni, momenti legati a quei film che ci hanno appassionato. Sono feticci per fan ed estimatori, articoli suscettibili di generare manie di collezionismo. Questo tipo di attaccamento, di valore, li rende oggetti in grado di generare vendite altissime ed è proprio questa la storia che racconteremo, cioè la storia di come l’industria cinematografica abbia progressivamente identificato quello dei gadget come un mercato da sfruttare.

Ma procediamo con ordine. In questo post racconteremo la parte iniziale della storia, partendo dai primi gadget dei film fino ad arrivare al punto di svolta, ovvero al punto in cui il merchandising si e’ imposto come voce di primo piano nei contratti delle major. Affronteremo poi in un secondo post le tendenze successive fino ad arrivare ai giorni nostri.

Le origini: il gadget come fenomeno spontaneo.
I primi prototipi di gadget legati ai film risalgono al Natale del 1934 quando sotto l’albero di molti bambini americani fece la sua comparsa una bambola con le fattezze di Shirley Temple. Realizzata in base ad un accordo tra la major Fox e la casa produttrice di giocattoli Ideal Toy, la bambola fece incassare alla madre dell’attrice, che si occupò della transazione commerciale, 70 mila dollari, cifra notevole per l’epoca.
Così, furono i divi della giovane e in espansione industria cinematografica americana i testimonial ideali in cui personificare i primi gadget dei film: con l’avvento della società di massa essi incarnavano alla perfezione curiosità e modelli di comportamento, favorendo uno spirito di emulazione.

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In realtà, questi primi fortunati tentativi rimasero un caso isolato e la pratica di investire sul merchandising  tardò a radicarsi nel settore. Non stupisce quindi che il primo caso di un film che ha generato milioni di vendite in articoli promozionali non fu il risultato di una strategia di marketing “ufficiale” accordata dalle major, ma un fenomeno del tutto spontaneo, il semplice risultato dell’influenza del cinema sulla società, determinato dalla enorme e appassionata cerchia di esrimatori che il film creò. Stiamo parlando de Le avventure di Davy Crockett (1955): il personaggio idolo dei ragazzini americani fece lievitare la vendita dei cappelli di pelliccia con la coda (quello delle Giovani Marmotte) fino a 1 milione di pezzi venduti negli USA.

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L’esempio di Disney.
Sarà Walt Disney (non a caso produttore di Davy Crockett) ad intuire per primo le potenzialità del merchandising legato ai suoi film di animazione. La Casa delle Idee, già a partire dagli anni 20, aveva iniziato a diffondere le prime storie legate alla pletora di personaggi made in Topolinia e Paperopoli. Fumetti, corti animati e, dagli anni 30, anche i primi lungometraggi, la maggior parte dei quali destinati a diventare tra i cartoni piu popolari della storia dell’animazione.

E così, a metà anni 50, mentre uscivano classici quali Le avventure di Peter Pan e Lilli e il vagabondo, veniva inaugurato il primo parco tematico Disneyland in California. I parchi, che nel corso del tempo sarebbero diventati 6, erano infatti il posto perfetto dove inaugurare la vendita di gadget ufficiali dei personaggi Disney. Il successo di tali prodotti ha portato poi negli anni all’apertura della catena di negozi Disneystore in tutto il mondo.

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Ma spostiamoci per un attimo al presente e guardiamo le cifre attuali per capire meglio le dimensioni di tale successo. Secondo il bilancio ufficiale 2015 della Walt Disney Company, la divisione dei consumer products (cioé dei prodotti di consumo quali peluche, bambole, materiale scolastico, magliette, tazze, penne) ha aumentato le vendite a $ 1,2 miliardi (+11%), con un utile di 416 milioni $ (+10%) rispetto al 2014, delineando un trend di crescita che dimostra la lungimiranza della major.

Nonostante il successo del merchandising Disney, il fenomeno non fu di facile replica per gli altri studi di produzione, sia perche la pratica di concedere le licenze relative ai film per la produzione di gadget non era ancora diffusa ma soprattutto perché il cinema non aveva ancora identificato questa serie di prodotti come un nuovo mercato da cui trarre profitto.

Gli anni Sessanta tra fantascienza e agenti speciali.
Verso la seconda metà degli anni Sessanta la fantascienza torna in primo piano sugli schermi dei cinema e delle televisioni con serie quali la britannica Thunderbirds (1965) e la saga made in USA Star Trek (1966), una delle serie più popolari di sempre.
Entrambi i telefilm consolidarono in breve tempo una fedelissima fan base avida di oggetti simbolo ispirati alle serie. Furono così commercializzati i primi modellini dei velivoli usati dai membri della International Rescue (appunto i Thunderbirds) e di quelli che popolano l’universo di Star Trek in cui si svolgono le avventure della nave stellare federale USS Enterprise (NCC-1701) e del suo equipaggio.

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Risale sempre agli anni 60 la nascita di un altro fenomeno di culto con l’arrivo nelle sale nel 1962 di Dr.No, primo film della lunga serie di James Bond tuttora in corso.
Notevole fu l’influenza sul merchandising cinematografico e sui giocattoli: gli scaffali dei negozi si riempirono di bambole dei protagonisti e di modellini delle auto utilizzate nel film, come la famosa Austin Martin di 007.

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Sugli schermi di tutto il mondo stava però per arrivare un film che avrebbe cambiato in modo radicale la programmazione degli investimenti per le pellicole cinematografiche e il relativo merchandising, destinato a ridimensionare l’influenza dei precedenti successi su questo specifico mercato.

Gadget stellari.
Come abbiano visto fino ad ora, è stata Disney a proporre un modello per gli studios che intendevano sfruttare il mercato del merchandising legato alle loro icone, e negli anni successivi film e serie di successo sono stati in grado di generare notevoli vendite in termini di gadget, ma sarà necessario attendere più di 20 anni, ovvero fino all’uscita di Star Wars nel 1977, perché il business dei gadget conquisti un posto di assoluto riguardo nei bilanci e nella considerazione delle major.

Risulta evidente come la comprensione delle potenzialità di tale business fosse ancora prematura se si considera l’ormai celebre contratto stipulato tra George Lucas e la Fox per la direzione de La minaccia fantasma.
Lucas non pretendeva compensi enormi, ma richiedeva il controllo totale sul montaggio definitivo del film e degli eventuali sequel, il 40% degli incassi e la totalità dei diritti sui prodotti di merchandising.
Considerando il momento di calo della fantascienza e il monopolio di Disney nel business dei gadget, Fox accettò le richieste del regista di buon grado, limitandosi a finanziare il film con 11 milioni di dollari. Inoltre ai piani alti non pensavano assolutamente ci sarebbero stati sequel data anche la scarsa considerazione di cui Lucas godeva come regista a Hollywood.

Previsioni che, come sappiamo, si rivelarono del tutto errate: solo tra il 1977 e il 1978 Star Wars incassò 100 milioni di dollari dalla vendita di giocattoli. Sulla base dei risultati al box office e grazie alle vendite di tutti gli oggetti marchiati Guerre Stellari, Lucas poté permettersi di autofinanziare il suo secondo film Il Ritorno dello Jedi, impartendo così all’intera industria una lezione che non sarebbe mai stata dimenticata, ovvero che si possono ottenere guadagni altissimi trasferendo i protagonisti dei film dallo schermo ai negozi di giocattoli.

«Quel film non è importante solo per la storia del cinema, ma ha una valenza maggiore.» ha spiegato Justin Aclin, ex editor della rivista ToyFare (1997-2011) in una intervista a Best Movie «Il merchandise di Guerre Stellari ha permesso alla gente di possedere rappresentazioni tridimensionali dei personaggi o degli oggetti che ha amato nel film e che può mettere in mostra, tenere in mano o giocarci. A questo si aggiunge il dato non sottovalutabile che il film e i prodotti correlati segnano probabilmente l’inizio dell’hobby del collezionismo per molte persone».

Infatti, sebbene il giocattolo sia un importante fulcro di questo settore, bisogna considerare come esista un intero mondo di collezionisti appassionati (così come di fedeli produttori) interessati ad oggetti unici e rari, una vera e propria corrente che nel corso degli anni ha fatto nascere un mercato parallelo, alimentato da esposizioni, aste e fiere di settore. In questo caso i prezzi dei prodotti, specialmente se datati o comunque realizzati in edizione limitata, possono raggiungere cifre “stellari”. Un classico esempio sono le prime action figures dei personaggi del film, prodotte da Kenner Toys e risalenti a fine anni Settanta: la figure di Boba Fett Rocket Blaster ad esempio nel 2015 é stata venduta per un valore di 18.000 sterline.

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Per gestire scientificamente questo tipo di business, il regista costituì la divisione Lucas Licensing che divenne in breve tempo una delle principali protagoniste del mercato del merchandising cinematografico insieme a Disney, stringendo partnership fruttuose come ad esempio quella con LEGO nel 1999. Quello che Fox aveva classificato come un film senza futuro ha portato così George Lucas a un capitale stimato nel 2012 di 3.3$ miliardi: anno in cui Disney ha lanciato l’offerta per acquisire l’intero franchise per lka bella cifra di 4 miliardi di dollari.

Dopo Star Wars gli studios inizieranno a guardare il business del merchandising cinematografico con occhi diversi e nessuna casa di produzione sarà piu così “ingenua” come fu Fox a fine anni 70. Ma di tutto questo parleremo nel prossimo post.

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