La sfida del cambiamento. Quali fiere sopravviveranno?

Con l’inizio di Gennaio ha preso il via l’intenso calendario fieristico che vedrà numerose città d’Italia ospitare eventi in cui celebrare i brand e stimolare l’incontro tra domanda e offerta. Le fiere continuano infatti ad essere uno strumento di marketing e di business scelto da molte aziende, nonostante la crisi si sia fatta sentire anche in questo mercato. La fiera sopravvive ma cambia: al rischio della particolare congiuntura economica si accompagna una più grande opportunità, quella di rinnovarsi.

Il dibattito tra professionisti del settore ha coniato al riguardo il termine “challenge of change”, la sfida del cambiamento. A sopravvivere saranno solo quelle fiere in cui le parole chiave sono innovazione, collaborazione e contenuti.
Sì perchè se “innova o muori” sembra un appello un pò esagerato al tempo stesso centra il punto: proporre soluzioni creative, che traggano linfa dalle nuove tecnologie, è una strada obbligata per non soccombere alla concorrenza.
E come può funzionare una fiera senza cooperazione e intesa tra organizzatori, espositori e stakeholders? La comprensione delle nuove opportunità e l’armonizzazione delle strategie per saperle cogliere e sfruttare al meglio è l’unica via possibile per trasformare l’evento in un centro pulsante rappresentativo del settore.
Contenuti. Direttamente dal web proviene il mantra coniato dal papà di Microsoft Bill Gates “content is king”, il contenuto è il re e in fiera il contenuto sono i prodotti: il loro racconto deve essere originale, multiformat e interattivo.

the same old thinking and disappointing results, closed loop or negative feedback mindset concept - a napkin doodle with a cup of coffee

Non si tratta semplicemente di twittare generici inviti a visitare il proprio stand nè di ipotizzare futuri in cui le fiere sono sostituite da loro versioni virtuali, come se bastasse un forum online per riprodurre la concretezza dell’interazione faccia a faccia.
Adottare un approccio digital significa sfruttare le nuove tecnologie per rendere più coinvolgente il dialogo con i con potenziali clienti, sviluppare la narrazione dei brand al di là del “qui ed ora” del momento fiersitico, ma anche semplificare importanti rilevazioni commerciali come la misurazione del ritorno sugli investimenti.

Se offline e online non sono sostituitivi ma complementari, allora l’obiettivo è trasformare la fiera in un’esperienza, un’occasione unica da sperimentare dal vivo e raccontare sul web, in contemporanea. Si moltiplicano così i momenti after work come concerti e presentazioni ospitati nelle corsie degli stand. Ricorrendo alla famosa metafora: se il dito è lo smartphone, strumento ormai ordinario nelle mani di tutti, la luna è la straordinarietà dell’evento, solo essendoci lo si può raccontare.
Per descrivere queste tendenze in atto si sta abusando di termini inglesi come on-live, customer engagement e visitor experience. Il comune denominatore è il coinvolgimento, la volontà di creare ponti tra comunità reali e virtuali, saper trarre dall’integrazione delle due dimensioni la specialità e il valore della partecipazione.

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Una fiera spesso citata come caso di successo nella capacità di collegare diversi pubblici è Book Expo America, celebre evento statunitense dedicato all’editoria organizzato da Reed Exhibitions. Grazie a piattaforme come Publishing Hackathon e Global Market Forum gli operatori del settore di tutto il mondo hanno potuto definire interessi comuni, analizzare proposte e alimentare un dibattito sempre più inclusivo.

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Stand Converse, Lee e Adidas – Bread&Butter, Berlino (2016)

In Europa un caso recente è quello di Bread&Butter, fiera di abbigliamento urban acquistata nel 2016 dalla società tedesca di e-commerce Zalando. Tante le novità: oltre a diventare B2C (Business to Consumers), si è inaugurata la vendita diretta in loco dei capi delle collezioni esposte e dato ampio spazio alla musica live con concerti e dj-set. Centrale l’attenzione al lato social negli stand dei brand della moda: onnipresente lo stimolo a pubblicare foto su Instagram e ad interagire con applicazioni digital per fare sentire i visitatori i veri protagonisti dell’evento. Evento che, a prescindere dai pareri, ha saputo far parlare di sè, dimostrando il tentativo di rivitalizzare un evento dal passato problematico iniettandolo di spettacolarità e intrattenimento.

Vetrina perfetta per i brand, la fiera incentiva per sua natura l’elaborazione e la sperimentazione di strategie di comunicazione innovative. Tre casi di marchi italiani, riportati da Marketing Arena, sono interessanti da menzionare come esempi di guerrilla marketing ben riusciti, seppur non recentissimi (risalgono al’edizione 2013 del Salone del Mobile di Milano).  
Folletto Vorwerk ha ideato una simpatica pubblicità non convenzionale per le strade del quartiere Brera con paladini della pulizia che rincorrevano nuvole di polvere, coinvolgendo i passanti in una bizzarra lotta agli acari (qui il video).

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Campagna “Nuova Mini Paceman. Design di carattere” – Salone del Mobile, Milano (2013)

C’è poi la campagna integrata targata Mini che ha saputo approfittare del palcoscenico del Salone del Mobile per il lancio della nuova Mini Paceman, sviluppando la storia del misterioso Mark (Paceman, appunto) che, tra finti annunci su siti immobiliari, installazioni 3D e campagne Facebook, invitava ad interagire per aggiudicarsi un soggiorno nel suo fantomatico ed esclusivo loft durante i giorni della fiera.

Un caso di commistione tra promozione del brand e pubblicità progresso è la campagna nata dall’unione tra Lovethesign (e-commerce dedicato all’Home Design) e Lila (associazione impegnata nella lotta contro l’Aids) dal titolo “Protect what you love – le persone e le cose che ami meritano di essere protette”. “Suore e preti” sono comparsi in zone strategiche della città per distribuire gadget particolari: preservativi racchiusi in un bel packaging con un breve messaggio sul parallelismo tra unicità del design e sesso protetto.

A prescindere da questo insieme di segnali che testimoniano una volontà di ripensare il tradizionale programma fiera, la realtà dei fatti mostra una offerta di soluzioni e prodotti digitali da parte degli organizzatori ancora recalcitrante. Al tempo stesso l’andamento dei budget di marketing delle aziende racconta una storia diversa in cui il principale aumento riguarda le voci relative ad internet e agli eventi, dimostrando come a fare la differenza sarà la sinergia tra gli attori agenti nel settore fieristico. È proprio in questa tensione che consiste la sfida del cambiamento: come la affronteranno le fiere del 2017?

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