Packaging alimentare ma anche borracce, shopper, penne, bicchieri, cannucce e piatti e tanti altri oggetti di impiego quotidiano: qualsiasi oggetto realizzato con le attuali plastiche sintetiche può essere riprodotto con bioplastiche, materiali innovativi e più rispettosi dell’ambiente sia in termini energetici che di smaltimento.
Attualmente nel mondo si consumano all’incirca 322 milioni di tonnellate l’anno di prodotti plastici tradizionali, senza considerare le fibre sintetiche. La capacità produttiva mondiale di bioplastiche è di 4,16 milioni di tonnellate l’anno (fonte European Bioplastics). Con un numero crescente di materie prime, applicazioni e prodotti, e complice la sensibilità ambientale del consumatore finale anche il numero di aziende specializzate in questo settore sta aumentando costantemente tanto che l’industria delle bioplastiche cresce ad un tasso di +20% l’anno! A livello mondiale sono stati fatti significativi investimenti finanziari in produzione e marketing per guidare e accompagnare questo sviluppo. Inoltre le nuove normative in questo campo forniscono incentivi per l’uso delle bioplastiche in diversi paesi del mondo, fornendo stimoli al mercato.
Gli ultimi dati statistici dimostrano il contributo del settore verso un futuro sostenibile con un impatto ambientale ridotto e le previsioni prevedono che l’industria delle bioplastiche possa dispiegare un immenso potenziale economico nei prossimi decenni. Secondo una recente analisi del mercato del lavoro condotta da EuropaBio (2016), l’industria europea delle bioplastiche potrebbe realizzare una forte crescita dell’occupazione. Nel 2013, questo settore impiegava circa 23.000 posti di lavoro in Europa, e le previsioni prevedono un aumento di oltre dieci volte entro il 2030, con la creazione di 300.000 posti di lavoro altamente qualificati.
La domanda di plastiche biodegradabili è in continuo aumento: nel 2018 la produzione globale ammontava a circa 2,11 milioni di tonnellate di cui circa il 65% (1,2 milioni di tonnellate) del volume sono state destinate al mercato del packaging. Altri settori in espansione che fanno utilizzo di bioplastiche sono l’agricoltura e orticoltura con teli di pacciamatura biodegradabili (13%), beni di consumo vari (9%), tessile (5%), edile (2%), automotive e trasporti (1%) e altri per il restante.
I grandi brand che si rivolgono a soluzioni bioplastiche sono in continuo aumento: marchi come Procter & Gamble, Coca-Cola, Danone, Puma, Samsung, IKEA, Tetra Pak, Heinz o Toyota hanno già introdotto i primi prodotti su larga scala in Europa. Molti altri, incluso Lego, hanno annunciato piani corrispondenti nel prossimo futuro. La qualità dei materiali diventerà evidente e accettata. E con l’aumento dei volumi di bioplastiche sul mercato, i maggiori costi di produzione si adatteranno presto ai prezzi pagati per i materiali convenzionali.
Ma vediamo nel dettaglio come riconoscere e saperne di più su questi nuovi materiali e districarsi tra le sigle impresse sui nuovissimi prodotti ecologici.
Bioplastiche: cosa sono?
Le bioplastiche costituiscono una larga famiglia di differenti materiali con diverse proprietà e applicazioni.
Secondo la definizione data dalla European Bioplastics, l’associazione europea che ne raggruppa i produttori, la bioplastica è un materiale che può essere biodegradabile, a base biologica (bio-based) o possedere entrambe le caratteristiche. Più precisamente:
- può derivare (parzialmente o interamente) da biomassa ma non essere biodegradabile (per esempio: bio-PE, bio-PP, bio-PET)
- può derivare interamente da materie prime non rinnovabili ed essere biodegradabile (per esempio: PBAT, PCL, PBS)
- può derivare (parzialmente o interamente) da biomassa ed essere biodegradabile (per esempio: PLA, PHA, PHB, plastiche a base di amido)
Secondo la definizione data invece dall’italiana Assobioplastiche, per bioplastiche si intendono quei materiali e quei manufatti, siano essi da fonti rinnovabili che di origine fossile, che hanno la caratteristica di essere sia biodegradabili che compostabili. Assobioplastiche suggerisce quindi di non includere nelle bioplastiche quelle derivanti (parzialmente o interamente) da biomassa, che non siano biodegradabili e compostabili, indicandole piuttosto con il nome “plastiche vegetali”.
Le analisi del ciclo di vita dimostrano che le bioplastiche possono ridurre significativamente le emissioni di CO2 rispetto ai materiali plastici convenzionali. Inoltre, il crescente utilizzo della biomassa nelle applicazioni bioplastiche presenta due chiari vantaggi: rinnovabilità e disponibilità.
Bioplastiche vegetali e biodegradabili
I materiali a base biologica sono prodotti che derivano in toto o parzialmente da biomasse (vegetali) come ad esempio: mais, zucchero di canna o cellulosa.
Concentriamo la nostra attenzione sui materiali più ecologici in assoluto ovvero quelli di origine vegetale che sono sia biodegradabili che compostabili: PLA, PHA, PHB e miscele di amido.
Questo gruppo di bioplastiche include miscele di amidi e altri polimeri biodegradabili come PLA o PHA che sono disponibili sul mercato su scala industriale da pochi anni e sono prevalentemente utilizzati per prodotti con un ciclo di vita molto breve come packaging e stoviglie usa e getta.
Il settore industriale delle bioplastiche biodegradabili è in veloce crescita ed è ora al centro dell’attenzione e dello sviluppo tecnico su scala mondiale. Questo dinamismo dimostra che le bioplastiche hanno il potenziale per plasmare l’industria delle materie plastiche e produrre nuovi materiali innovativi e competitivi.
PLA: Acido Polilattico
PLA non sta per plastica come molti pensano ma è l’acronimo inglese di Acido Polilattico. Di che cosa si tratta?
L’acido polilattico (o polilattato) è un polimero dell’acido lattico ricavato da piante come mais, grano o barbabietola, vegetali ricchi di destrosio (uno zucchero naturale). Il mais è la più abbondante risorsa al mondo di destrosio; per produrre 1 kg di PLA vengono utilizzati circa 2,5 kg di mais.
Il destrosio è convertito in acido lattico attraverso un processo di fermentazione (utilizzando batteri come i Lactobacilli), e successivamente in polimeri più versatili, che possono essere utilizzati per produrre resine simili alla plastica o fibre.
Il PLA ha diverse proprietà che lo rendono adatto a sostituire la plastica tradizionale: è elastico, permette di ottenere prodotti trasparenti ed è biodegradabile in seguito a idrolisi a temperature superiori a 60° e umidità maggiore del 20%. Le materie plastiche di utilizzo comune hanno una vita media che può variare dai 100 fino anche ai 1000 anni. Il PLA invece presenta tempi di biodegradazione molto più brevi: a seconda degli ambienti in cui viene abbandonato, ha una vita media variabile da 1 a 4 anni. All’interno di strutture industriali di compostaggio un bicchiere in PLA si decompone completamente in 6-8 settimane.
Il PLA è stato tra le prime bioplastiche ad essere commercializzate e impiegate su larga scala viene utilizzato prevalentemente per imballaggi di prodotti alimentari o cosmetici. La sua bassa temperatura di rammollimento non lo rende idoneo per contenere liquidi caldi.
Nel settore automotive, Toyota ha creato miscele di PLA con fibre per i rivestimenti interni e le guarnizioni,.
Più avanzate, invece, le applicazioni dell’acido polilattico nel mondo informatico. Fujitsu già produce stampaggio ad iniezione tasti delle tastiere e case di computer, mentre Sony ha iniziato a produrre custodie di apparecchiature elettriche con l’85% di PLA.
La più recente innovazione, prodotta da un’azienda giapponese, è il primo compact disc interamente in PLA. Il singolo elemento necessita di 85 grani di mais, teoricamente, quindi, con una pannocchia potrebbero essere prodotti ben 10 cd.
Molto interessante, infine, la versatilità di questo materiale anche per tutte le realizzazioni in stampa 3D.
PHA / PHB / PHV – Poliidrossi Alcanoati – Butirrati – Valerati
Questa famiglia di plastiche biodegradabili è creata da microrganismi all’interno delle loro cellule a partire da materie prime vegetali per essere utilizzata come riserva di energia e di carbonio. Le proprietà meccaniche di queste plastiche biodegradabili sono del tutto simili a quelle delle plastiche più comuni.
I PHA/PHB/PHV possono essere ottenuti per via biotecnologica e sono plastiche totalmente biodegradabili e biocompatibili. Il processo biotecnologico di produzione consiste nelle seguenti fasi: fermentazione, isolamento e purificazione, miscelazione e trasformazione in granuli. I microrganismi coinvolti nella produzione di PHA/PHB/PHV sono diversi ed il loro mix dà origine ad un’ampia gamma di prodotti con caratteristiche meccaniche diversificate.
Mater-Bi
A titolo esemplificativo della famiglia di plastiche derivante da mais parliamo della più conosciuta: il Mater-Bi.
Il Mater-Bi è il nome commerciale di una bioplastica italiana prodotta dalla Novamont, ricavata dall’amido di mais che è utilizzata al posto del polietilene nella produzione di imballaggi, sacchetti, packaging, stoviglie compostabili ma anche in agricoltura, nel settore automotive o nella produzione di oggetti di uso comune come oggettistica, giocattoli o prodotti per l’igiene e la cura della persona.
Il Mater-Bi, grazie alle sue caratteristiche di biodegradabilità e compostabilità e all’alto contenuto di materie prime rinnovabili, consente di ottimizzare la gestione dei rifiuti organici, ridurre l’impatto ambientale e contribuire allo sviluppo di sistemi virtuosi con vantaggi significativi lungo tutto il ciclo produzione-consumo-smaltimento. Questa plastica derivata dal mais si presenta sotto forma granulare e può essere lavorata con i più comuni strumenti di trasformazione al fine di ottenere prodotti che, a parità di prestazioni, non hanno nulla da invidiare alle tradizionali plastiche a base di petrolio. Il valore aggiunto di questo materiale è quello di essere perfettamente biodegradabile e compostabile in un periodo pari a un ciclo di compostaggio: un minimo di 90% del prodotto in un massimo di 180 giorni. L’impatto ambientale, quindi, è ridotto al minimo.
Le bioplastiche sono l’evoluzione della plastica. Ci sono due principali vantaggi nell’utilizzare prodotti plastici vegetali rispetto alle plastiche tradizionali: permettono di risparmiare risorse fossili utilizzando biomasse rigenerabili annualmente e nel caso dei materiali biodegradabili, alla fine del loro utilizzo non sono fonte di inquinamento per l’ecosistema in cui viviamo.
Per saperne di più:
EUROPEAN BIOPLASTIC, l’associazione che rappresenta la filiera di produzione europea di bioplastiche https://www.european-bioplastics.org/
ASSOBIOPLASTICHE, associazione italiana dei produttori e trasformatori di bioplastiche: http://assobioplastiche.org/
L’illustrazione utilizzata in questo articolo è di Lily Padula per NBC News.
I grafici sono presi dai dossier di European Bioplastic.