“Prodotto finito = rifiuto”. Questa equazione è risultata a lungo innegabile: una volta terminato il consumo, una volta estinta la sua funzione, il prodotto viene buttato via, finendo poi in qualche discarica e inceneritore.
Il rifiuto è ciò che si lascia dietro un sistema di produzione basato su un’estrazione massiva di risorse naturali e incurante dell’impatto ambientale che ciò determina.
Oggi un numero sempre maggiore di produttori, al fianco di consumatori sempre più responsabili nelle loro scelte quotidiane, stanno ridefinendo il concetto di prodotti di qualità, giudicando essenziale non solo la loro funzionalità e il gusto estetico, ma soprattutto il loro impatto sull’ambiente e sul benessere dell’individuo e il loro potenziale di riutilizzo. Come può un prodotto essere innovativo e di prima qualità se al tempo stesso inquina l’ambiente e consuma le risorse sempre più scarse del nostro pianeta?
Non si tratta di attuare un approccio meramente “eco-efficiente”: il vero salto qualitativo non lo si fa appellandosi alle tradizionali nozioni ambientali di riduzione o riciclo degli scarti, non sono più sufficienti. Certamente devono essere ridotti problemi quantitativi, ma nella produzione, così come nel consumo, devono subentrare parametri qualitativi, “eco-efficaci”.
L’obiettivo in sostanza non dovrebbe essere solo quello di limitare la produzione di rifiuti, ma di soppiantare in toto la nozione stessa di rifiuto. Una visione ciclica del prodotto che interrompa quel flusso unidirezionale cui i materiali sono destinati nella maggior parte dei casi: “from cradle to grave“, dalla culla alla tomba.
Cradle to Cradle (C2C)! Ecco l’alternativa!
Immaginate un mondo in cui ogni fabbrica, ogni edificio, proprio come alberi in fiore, processano ossigeno e producono energia dal sole, puliscono l’acqua, purificano l’aria e cambiano per adattarsi alle stagioni.
Un mondo senza inquinamento ambientale in cui i materiali hanno un valore tale da “rivivere” ciclicamente. Un mondo in cui sentirci contenti dei benefici che il nostro consumo genera sull’ecosistema.
Quello che sembra solo un sogno può diventare realtà! Il modello di progettazione Cradle to Cradle promuove una visione “olistica” in cui la dimensione industriale e quella sociale sono legate in un quadro economico che non sia solo efficiente ma anche compatibile ambientalmente.
Avviato negli anni 90 dal progettista americano William McDonough e dal chimico tedesco Michael Braungart, questa filosofia di design offre una via di uscita: non più dalla culla alla tomba, ma dalla culla…alla culla.
Waste = Food.
E’ questo il titolo dell’acclamato documentario del 2006 in cui i due fondatori illustrano il modello Cradle to Cradle. I rifiuti…sono cibo! Sì perchè secondo gli standard C2C tutti i materiali usati nei processi industriali e commerciali sono vere e proprie “sostanze nutritive” di tipo tecnico o biologico atte a rigenerarsi.
I nutrienti tecnici sono materiali sintetici non tossici che possono essere usati in cicli continui senza perdere la loro integrità o qualità e quelli biologi sono materiali organici che come tali possono essere smaltiti ovunque, diventando cibo per piccole forme di vita senza influenzare l’ambiente.
Quindi, a differenza del riciclo convenzionale che determina comunque la permanenza di residui e un abbassamento della qualità, nel sistema Cradle to Cradle la qualità delle materie prime viene mantenuta nel corso di molteplici cicli di vita dei prodotti impiegando esclusivamente agenti chimici sicuri.
Il risultato è un recupero totale di materiali che andrebbero altrimenti perduti per sempre: i componenti dei prodotti C2C sono facilmente riciclabili separatamente, permettendo così al consumatore di operare una raccolta differenziata che riqualifichi il “rifiuto” in modo completo…trasformandolo in “cibo” per la realizzazione di nuovi prodotti.
Riciclo totale, utilizzo di energie rinnovabili e rispetto della biodiversità: l’attrattività di un modello di progettazione così lungimirante ha già avuto numerosi riscontri, come testimonia il numero di grandi aziende che hanno deciso di implementarlo. Nike, Ford, Gap-Inc., IBM, Patagonia solo per citarne alcune.
E non si applica solo ai prodotti…ma anche agli edifici e all’architettura urbana tramite progetti di green design che mirano a rendere le città una parte integrante della natura piuttosto che un elemento in conflitto con essa. Un esempio sono i cosidetti “tetti verdi” o i modelli di villaggi e città ecosostenibili, diffusi in particolare in Europa, in Asia e negli Stati Uniti.
I benefici dell’approccio Cradle to Cradle.
La certificazione C2C contribuisce quindi alla concretizzazione di iniziative che tendono alla sostenibilità come un valore e non come sacrificio, realizzando una “soddisfazione” sotto molti punti di vista.
Innanzitutto, vi è un risparmio sui costi per le aziende in quanto la vita ciclica dei prodotti riduce l’immissione di materiali vergini nei processi di riciclaggio. Inoltre, essendo creati per essere recuperati e riutilizzati eternamente, la loro progettazione diventa più semplice: se sono pensati per lo smontaggio, il montaggio si semplifica.
Cambia poi la gestione dei rischi: eliminare il concetto di rifiuto, tossico e non, e selezionare solo sostanze sicure per la produzione determina una riduzione totale dei rischi ambientali e salutari. Se l’acqua che esce dal depuratore dell’azienda non è contaminata da sostanze tossiche, l’intero quadro normativo cambia e non è necessario creare una gestione ambientale per trattare i materiali pericolosi.
Ora come non mai l’opinione pubblica è molto sensibile alla salvaguardia dell’ambiente, e le azioni legali nei confronti di chi agisce in modo irresponsabile sono all’ordine del giorno, così progettare di ridurre questi rischi già “dentro” al prodotto ha un grosso potenziale di recupero per l’industria.
Il modello C2C migliora quindi in modo esponenziale la qualità e l’intelligenza di prodotti e servizi…aumentando il vantaggio competitivo di quelle aziende che scelgono di implementarlo. Aziende meno lungimiranti rimarranno sempre indietro rispetto a quelle realtà industriali che disegnano prodotti eco-efficaci e che sostengono legislazioni incentivanti la salute umana e ambientale.
Last but not least…la differenziazione dei prodotti. Invece di avere un’agenda di prodotti che genera “senso di colpa” nel cercare di minimizzare i danni ambientali, il modello Cradle to Cradle si distingue dagli altri approcci alla sostenibilità e celebra l’abbondanza, la varietà e l’innovazione!
Non si tratta di limitare il consumo, ma di cambiare la stessa concezione del consumo come un processo che inizia da un prodotto e termina con un rifiuto. A fortificarsi è la responsabilità del consumatore il quale è messo nelle condizioni di effettuare un riciclo di livello superiore volto a garantire un riutilizzo totale dei diversi materiali che compongono i prodotti. Se non produciamo rifiuti, non causiamo un danno ambientale, così il nostro consumo diventa parte integrante della natura, la alimenta e la rigenera…in un ciclo continuo…dalla culla alla culla.
E allora perchè non scegliere un gadget certificato C2C?
Un otttimo esempio sono le tazze e i termos ecologici i cui componenti, una volta terminata la “prima vita” del prodotto, possono essere recuperati separatamente in base a specifici codici di riciclaggio…e alimentare così la creazione di nuovi prodotti.
Cradle to Cradle significa tutelare l’ambiente, favorire un uso consapevole dei materiali e una produzione a zero impatto ambientale fondata sull’utilizzo di risorse energetiche rinnovabili. Significa promuovere la responsabilità sociale, dal produttore al consumatore…significa guardare avanti!